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Indagine Eurocarne e SGMARKETING: i consumatori preferiscono la carne italiana

Indagine Eurocarne e SGMARKETING: i consumatori preferiscono la carne italiana

E chiedono etichette più dettagliate su allevamento, alimentazione, età dell’animale

La provenienza italiana, le modalità di allevamento, il colore e – soprattutto nel caso del bovino – anche la tenerezza. Sono questi i primi aspetti citati come elementi che determinano per il consumatore la qualità. E sono quelli sui quali è forse necessario concentrarsi, per la filiera della carne. Perché il consumatore cerca rassicurazioni quando si parla di carne e ottenere informazioni come il tipo di allevamento, l’alimentazione con la quale l’animale è stato allevato o l’età di macellazione sono per i responsabili acquisti i driver di maggiore impatto per l’acquisto del prodotto. Sul versante organolettico, invece, la carne di pollo e tacchino e quella di maiale vincono la sfida, grazie alla versatilità in cucina e alla digeribilità (per l’avicunicola) e per gusto e sapore (quella suina).

Eurocarne 2015

Questi sono alcuni elementi emersi dalla ricerca quanti-qualitativa consumer Cawi diretta da SGMARKETING (specializzata nella consulenza e servizi di marketing per l’agroalimentare) e realizzata lo scorso mese su un campione di 1.000 responsabili degli acquisti. L’indagine è stata presentata oggi nell’Area Forum by Costa Group al Padiglione 11, durante la 26ª edizione di Eurocarne.
«Si tratta della prima indagine completa effettuata negli ultimi tre anni – dichiara il presidente di Veronafiere, Ettore Riello – che Eurocarne ha commissionato con un obiettivo preciso: sostenere i consumi di carne, coinvolgendo l’intera filiera in un percorso mirato ad implementare allo stesso tempo la qualità del prodotto, in un’ottica di sostenibilità e di sicurezza alimentare».

Alla presentazione della ricerca è seguita una tavola rotonda sul tema: «Cambiano i consumi alimentari. Quale futuro per il reparto carni? Produzione e distribuzione a confronto». A discutere di nuove strategie di produzione, preparazione e commercializzazione della carne, alla luce dei cambiamenti che hanno coinvolto la società italiana e le esigenze dei consumatori di oggi, c’erano importanti rappresentanti della filiera, fra i quali: Marco Guerrieri (Coop Italia), Duilio Ciardi (Aspiag-Despar), Maurizio Micheli (Magazzini Gabrielli), Serafino Cremonini (Inalca), Marco Sola (Unipeg-Assofood), Francesco Iubatti (Soalca).

«Grande distribuzione organizzata, macellerie e discount sono i principali player in campo nella vendita di carne e con questa ricerca Eurocarne vuole fornire elementi utili per il comparto – afferma Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – facendo leva su esperienze significative all’estero e, soprattutto, avendo individuato le esigenze di un consumatore esigente, attento e che riconosce la qualità delle carni nate, allevate e macellate in Italia».

Reparto carni fondamentale
Il ruolo del reparto carni è, dopo l’area ortofrutta, la zona che maggiormente influisce sulla scelta del punto vendita da parte del consumatore. Tuttavia, rispetto a frutta e verdura, le cui intenzioni di consumi nei prossimi 5 anni indicano un aumento medio mensile, per la carne il futuro è ambivalente. Rimarrà sostanzialmente stabile il consumo di carne avicunicola (da 7,54 a 7,61 atti di consumo dichiarati al mese), mentre potrebbe subire una flessione la carne suina (da 4,95 a 4,63) e quella bovina (da 6,47 a 5,74).
In termini generali, parlando comunque di intenzione al consumo, salgono i legumi, la frutta e la verdura e scendono i carboidrati. La propensione al consumo di carne cambia, con un saldo comunque positivo (+26,8%) per quella avicunicola e negativa per bovino (-13,6%) e suino (-24,7%).
Chi manifesta una propensione al consumo di carne lo fa per differenti ragioni legate alla sfera salutistico-funzionale ed edonistica, considerando tale categoria un alimento essenziale per una dieta equilibrata. In particolare, nel caso dell’avicunicolo per il profilo dietetico della carne (53,8%) associato al «piacere di gusto» (40,2%), mentre per la carne bovina le motivazioni trainanti attengono al peculiare apporto proteico (40,2%) e nutrizionale (56,4%); nel suino la propensione al consumo è sostenuta dalla bontà gustativa (53,8%), che fa il paio con la valenza nutrizionale (32,7%).
Anche chi ha manifestato una propensione al consumo, però, evidenzia dei freni di natura essenzialmente economica, a partire dal prezzo elevato (che raggiunge addirittura il 61,5% per il bovino) o dall’assenza di promozioni accattivanti (23,1% sia per la carne bovina che per quella suina, 20,1% per l’avicunicolo). Altro aspetto rilevante attiene all’area dell’“insoddisfazione” nella fase del consumo data dalla scarsa resa in cottura (il 28,5% nel caso dell’avicunicolo), in contrasto con le aspettative di base.
Si ispirano a motivazioni di natura salutistica o dietetica quanti invece hanno manifestato in partenza avversione al consumo di carne, dichiarando la volontà di ridurne il quantitativo. Lo afferma il 64% degli intervistati, con riferimento alla tipologia di carne suina, seguita dal 61,5% del bovino e dal 46,3% dell’avicunicolo. Pesano anche i dubbi sulla salubrità del prodotto, che toccano il 53,7% per la carne avicunicola (43,7% per quella bovina, 32,3% quella suina).

I canali di acquisto
Chi acquista carne sceglie prevalentemente la grande distribuzione (supermercato o ipermercato), seguita dalla macelleria. Le percentuali, però, cambiano a seconda della tipologia di carne scelta. Se il 73,7% degli intervistati si affida alla gdo quando deve comprare carne bianca, tale percentuale scende al 68,6% per gli acquisti di carne bovina (dove in parallelo sale il gradimento del negozio tradizionale al 46 per cento) e al 69,9% per la carne suina.
Differenziata è l’aspettativa sulla qualità del prodotto, in base al luogo di acquisto: nella macelleria, per tutte le tipologie di prodotto, la bontà attesa, ma anche quella percepita, è più elevata rispetto alla gdo o al discount.
Fra i pregi del supermercato, i responsabili degli acquisti intervistati hanno indicato i fattori prezzo (inferiore rispetto alla macelleria, presenza di offerte e promozioni), assortimento (maggiore scelta, ampio smercio/freschezza, praticità delle confezioni, visibilità del prodotto), garanzia (sensazione di maggior controllo sull’origine) e servizio (non si fa la fila/estensione oraria), mentre fra le criticità i consumatori hanno menzionato la qualità (diffusa insoddisfazione per la qualità della carne di manzo nella gdo) e il servizio (manca qualcuno a cui chiedere delucidazioni/consigli sulla carne).
Scenario differente per la macelleria tradizionale. I punti di forza individuati dagli intervistati sono risultati essere assortimento (qualità migliore e carne più selezionata, ma anche assenza di carne extra-europea) e servizio (consigli sul taglio di carne e modalità di cottura, servizio dedicato, possibilità di prenotare tagli o carni speciali, rapporto di fiducia, maggiore riguardo se frequentato con assiduità); al contrario i fattori di insoddisfazione sono stati individuati negli elementi prezzo (più alti, nessuna promozione), garanzia (tracciabilità meno visibile) e altri elementi di servizio (minor controllo sulle quantità, si perde tempo in fila, se il rapporto non è costante il trattamento può essere scadente, imbarazzo a rifiutare una carne che non convince).

L’etichettatura
Tra le informazioni in etichetta nella gdo, il consumatore si mostra interessato a specifici contenuti sul tipo di allevamento, sull’alimentazione e l’età dell’animale alla macellazione. Elementi giudicati di rassicurazione rispetto alla carne e distintivi della reale qualità del prodotto acquistato. Allo stesso tempo, anche la tipologia del taglio carneo; la fascia di prezzo e la provenienza, magari con indicazioni sul luogo di allevamento, le certificazioni di prodotto, il prezzo per porzione.
La preparazione delle carni è un elemento sul quale riflettere, perché accanto ai «consigli della mamma», ai quali ricorrono il 43,4% degli intervistati in caso di dubbio sulle modalità di gestione e cottura, avanza la ricerca autonoma di informazioni su internet (28,7%), soluzione che scavalca addirittura l’aiuto del macellaio (27,3 %).

Il packaging
Quanto alla confezione, chi acquista carne compra preferibilmente nel vassoio tradizionale o termosaldato (se nella gdo) o il prodotto sfuso (se si rivolge al macellaio); in particolare il vassoio termosaldato viene percepito come il più sicuro in termini di igiene alimentare. Lo skin pack, invece, è più utilizzato all’estero rispetto all’Italia.

La gestione delle carni dopo l’acquisto
Per avicunicolo e suino, le carni vengono spesso acquistate in quantitativi superiori alle necessità quotidiane, per cogliere le opportunità promozionali che quasi tutti gli intervistati ammettono di cercare. Al contrario, la carne di manzo viene acquistata e consumata direttamente.
Due comportamenti che richiederebbero soluzioni diverse anche in termini di confezionamento: un packaging di grande formato pre-porzionato per suino e avicunicolo, una logica di skin pack pre-porzionato per la gestione degli acquisti di carne bovina.

Vittoria del Made in Italy
Il consumatore premia il Made in Italy. È superiore la qualità percepita, se il prodotto è italiano. Al secondo posto si colloca la carne argentina, quella irlandese e quella francese. Ultimi posti per le carni provenienti da Lituania, Polonia, Slovenia, Stati Uniti e Brasile.

Fonte: Servizio Stampa Eurocarne-Veronafiere

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